Leggende e miti sul lupo in Alta e Bassa Valsesia: dal medioevo ad oggi
Il lupo non è solo il protagonista della favola "Cappuccetto Rosso" ma anche di diverse leggende e miti valsesiani che coinvolsero molteplici località in epoche differenti. Si tratta di storie che nacquero a seguito di episodi particolari. Oltre ai miti però anche in Valsesia e nel Verbano Cusio Ossola si pensò di organizzare momenti di raccoglimento per scongiurare l'arrivo del predatore montano e voti ai santi per aver salvato le comunità dagli attacchi dei predatori. Insomma, una serie di aspetti che ancora una volta ci spiegano quanto la presenza del lupo fosse consistente nelle epoche passate e come la popolazione si fosse mossa per scongiurare il peggio.
Proviamo dunque a raccontare alcune delle leggende e degli usi che si tramandano ancora oggi. Prima però di tuffarci nell'argomento è bene sottolineare ancora una volta che Briciole è un blog di carattere narrativo e non vuole sostituirsi ad un saggio. Per ulteriori approfondimenti si invita gli interessati a consultare la bibliografia consigliata a conclusione del post.
Il mito e le leggende
Il cuore "pulsante" dei miti sul lupo è Rassa. Proprio in questo piccolo paese il predatore montano doveva esser particolarmente temuto. Si tramanda infatti una vicenda davvero insolita. In val Sorba, sopra la cava di marmo del Mazzucco, c'è il Pian Bergamasch. La località è chiamata così perché sul finire dell'Ottocento un pastore bergamasco si gettò nel dirupo sottostante dopo che un lupo attaccò il suo gregge.
A Rassa il lupo se la "prese" poi con una famiglia. Si tramanda che nel Trecento il predatore montano rapì un bimbo, Pietro Fassola. Non è dato sapere il motivo. Quel che è certo è che una donna riuscì ad intercedere e farsi restituire il piccolo. Testimonianza di questo mito si trova spesso nella letteratura valsesiana fino all'Ottocento.
Spostando lo sguardo verso il lago d'Orta, si tramanda che durante l’edificazione della chiesa di Gozzano, un lupo divorasse uno dei due buoi aggiogati al carro che trasportava le pietre e la calce. Giulio, dopo aver reso il lupo mansueto lo costrinse a sottoporsi al giogo per portare a compimento l’opera. Il rapporto fra San Giulio e il lupo trova un importante riconoscimento nell’atto di fondazione della chiesa di San Giulio a Gattinara, in data 27 gennaio 1447:
“Poiché sono già trascorsi molti giorni [da quando] il luogo di Gattinara e gli uomini del posto sono precipitati in una grande sofferenza per un morbo mortale che infieriva in quello stesso luogo e sui suoi abitanti e per i morsi e le aggressioni dei lupi, molte persone sono state uccise quasi come fossero stati spazzati via dalla furia della tempesta”
La iconografia e le tradizioni
Diverse sono le testimonianze pittoriche antiche che raccontano la presenza dell'animale e soprattutto i rimedi per tenerlo lontano dalle greggi e dalle abitazioni. A Civiasco per esempio si è conservata una raffigurazione all'alpe Pianaccia con una Madonna, il bambino, le pecore in primo piano. Sullo sfondo un lupo minaccioso e l’arcangelo Michele che scende dal cielo, con lo scudo e una freccia cerca di abbattere la bestia. Una iconografia che ha origini spagnole: nel Settecento si manifestò la raffigurazione della Divina Pastora con gli animali al seguito.
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Cappella presso i ruderi dell’alpe Pianaccia di Civiasco |
Le processioni
Il lupo terrorizzava a tal punto le comunità in Bassa Valsesia che spesso ci si appellò alla Beata Panacea. Ci sono diverse testimonianze a questo proposito provenienti dalla zona di Ghemme.
Similmente si fece anche nel Verbano Cusio Ossola. Nel XVIII secolo, in inverno, quando le incursioni degli animali erano particolarmente cruente, il 14 febbraio gli abitanti di Forno, in Val Strona, sfilavano per le vie del paese dietro l'urna contenente le reliquie di San Valentino. La prima processione documentata risale al 1708. Nel 1762 tutte le frazioni del comune deliberano di far celebrare una messa annuale detta “messa del lupo”. Nel 1851 si svolse l’ultima processione quando un intero branco si spinse fino alle porte del paese. Gli stessi documenti segnalano, in ogni borgata di Forno, l'abitudine di fare delle messe propiziatorie, celebrate al solo scopo di proteggere le frazioni delle orde di belve.
La pratica era ancora osservata da numerose comunità della diocesi di Novara e di Vercelli, sia in ambito di pianura che montano (tra questi Grignasco) in diverse giornate dell’anno.
Alle messe si associavano anche processioni votive “per essere liberati dai lupi”. Il vescovo Bascapè nella Novaria sacra racconta di processioni sulle acque del lago d'Orta per chiedere l'intercessione di San Giulio e farsi liberare dall'animale selvatico.
Risale al finire del Cinquecento l'uso da parte dei pastori valsesiani di appellarsi con una processione, alla Madonna di Oropa, per proteggere i greggi ed evitare il flagello del lupo, all'alpe di Mera. Ne conseguì un voto. A liberazione avvenuta costruirono un oratorio. La processione del 1585 è in un affresco del 1958, recante alla base l’iscrizione:
Il voto di Scopello e Pila - Nel 1585 alla Madonna di Mera per la liberazione dai lupi.
Un corteo che peraltro sino a qualche anno fa si è continuato a ripetere.
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Processione Scopello contro il lupo |
Un uso simile si riscontra anche a Varallo. A fine Settecento, in occasione della comparsa del lupo che uccise dieci persone, la popolazione salì in processione al Sacro Monte di Varallo con generose offerte raccomandando anche la guarigione dei 24 feriti.
E voi, eravate a conoscenza di queste storie?
Scriveteci!
Riferimenti bibliografici:
La presenza storica di lupo, lince e orso nel Piemonte Orientale, Atti del Convegno, Varallo, 23 novembre 2019, a cura di Roberto Fantoni.
Rao R., Il tempo dei lupi: Storia e luoghi di un animale favoloso, Torino, 2018.
Ortalli G., Lupi genti culture. Uomo e ambiente nel medioevo, Torino, 1973.
Marucchi S., Santi contro i lupi, in Rivista Biellese, a. 23, n. 2, aprile 2019, pp. 46-53
Comencini M., La Bestia Feroce. Quando i lupi mangiavano i bambini nell’Italia padana – Soc. St. Abbiatense, Vigevano 1991.
Dellarole R., Storie di lupi, di briganti e santi. Valsesia, Biellese e Cusio, Borgosesia, 1997.
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