L'ospedale solo per bimbi e donne: il progetto rivoluzionario di un valsesiano ad inizio Novecento

 




Tre piani vista fiume per due facciate, le altre affacciate su un leggendario monumento. Una cancellata di ferro stile rococò.



"Chissà se sarò all'altezza", si domanda suor Clotilde varcando l'uscio di quella palazzina.
Ad accoglierla un profumo di Marsiglia, utilizzato solitamente per il bucato.
Non fa in tempo ad accostare il portone che la raggiunge un uomo. È tutto impettito. Occhialetti sul naso e guance oltre al panciotto gonfie.
"Suor, Clotilde...".
"Tenente, buongiorno".
"Come è stato il suo viaggio?"
"Non è andato male".
"Voi arrivate da Borgosesia, giusto?"
"Precisamente" 
"Anche io sono originario della Valsesia, poi i piani della vita sono stati altri".
Mentre i due chiacchierano, un uomo con un camice bianco li raggiunge.
"Suor Clotilde mi permetta di presentarle il dottor GIovanni Cotile, il nostro luminare", esordisce il tenente.
La suora fa un piccolo inchino con il capo ed il medico scambia uno sguardo rapido.
"Mi scusi i pochi convenevoli, ma abbiamo immediamente bisogno di aiuto", sottolinea Cotile.
I tre si affittano a percorrere il corridoio del primo piano per poi entrare in un grande sala. Ci sono tanti bimbi nati da qualche giorno che piangono incessantemente. I loro strepitii potrebbero sentirsi anche lontano un miglio. La suora lascia subito a terra il suo fagotto e comincia ad intonare una ninna nanna. E poi lentamente prende in braccio un piccino e poi un altro ancora. Il contatto umano e la voce quieta della donna sembrano acquistare i piccoli al punto che nell'arco di una mezz'ora il silenzio si diffonde in tutto il piano.
"Grazie suor Clotilde", replica sottovoce il tenente.
"Si immagini, sono abituata, ero la referente dell'orfanotrofio di Borgosesia. Ho visto tanti di quei bambini che ho perso persino il conto".
Il tenente accompagna la donna al secondo piano dove ci sono tante stanze con donne incinte in procinto di partorire ed altre con qualche "ferita originale" da cui si intuisce facilmente sono emersi problemi che hanno mutato la loro vita per sempre.
Si sofferma sui volti di quelle giovani: avranno una decina d'anni meno di lei, non di più. Eppure la vita aveva lasciato loro cicatrici profonde rendendo difficile identificare le loro emozioni e la loro età anagrafica. E poi l'ultimo piano: alcune neomamme con gli occhi lucidi mentre stringono i loro fagottini. Nel loro caso la mancanza di tanti tasselli esistenziali aveva comunque reso brillante i loro giorni.







"Tenente, credo che il progetto che ha portato avanti sia stato un'ottima soluzione per queste donne e le loro creature", sottolinea la suora.
Un alito di vento accarezza le tende di una finestra sul fiume.
"Era necessario - prosegue il tenente - non possiamo lasciar sole costoro in un momento meraviglioso e unico come la nascita del proprio figlio. Io purtroppo ho perso il mio bimbo e l'amore della mia vita, poco dopo. Mi sono sentito svuotato quando accadde quella tragedia. Sono stato vicino a mia moglie, ma forse non fu abbastanza. Se ne andò prima nelle pieghe della sua memoria e poi dalla terra. E così, pensando che tante donne come mia moglie avrebbero potuto avere un aiuto solido, decisi di aprire questo posto".
La suora si asciuga le lacrime agli occhi e sussurra all'uomo l'importanza del progetto  portato avanti: "Ogni donna di oggi e ogni bimbo di domani, le saranno riconoscenti".
I giorni proseguirono e quel pensionato femminile crebbe molto.
Oggi di quell'istituzione rimangono i ricordi e il sorriso di quelle mamme che dopo un momento travagliato cominciarono a scrivere un nuovo capitolo della loro vita.


*****

Questa Briciola si ispira alle vicende del Pensionato medico femminile operativo a Torino nei primi anni del Novecento. Fu realizzato da un valsesiano, il tenente Mario Giacomo De Albertis con l'aiuto del professore Condio. Nell'istituti venivano accolte tutte le donne: non c'erano restrizioni. In ogni stanza per le pazienti e i piccini erano state introdotte tutte le comodità che al tempo potevano esserci: pavimentazioni in legno, impianti idro terapici, ma non solo. C'erano anche spazi per la lettura ovviamente per le adulte, oltre che locali comuni. Ad occuparsi della assistenza erano le suore vegliatrici francescane. 

Per avere più informazioni e per le immagini:
- Rivista valsesiana, n.21 anno 1907, pp. 109-112.

Sugli studi di Condio:

- Morte dei neonati, di G. Condio e A. Muggia, 1896.


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