Isabella, la "dimenticata" ancora di salvezza delle bimbe vercellesi
Il suo nome era Isabella, "la mia bella" per il suo adorato marito. Era una ragazza con una gentilezza disarmante e un cuore amorevole. Sempre presente nella sua famiglia si guadagnò ben presto la simpatia di tutti coloro che con il tempo conobbe anche in quella cittadina spagnola dove andò a vivere con il suo compagno di vita.
L'amore con il suo adorato però durò un battito di ciglia e dopo tre anni dalle nozze si trovò sola, smarrita e abbandonata.
"E ora?", continuava a ripetere tra sè ogni sera prima di coricarsi e ogni mattina al momento di cominciare la giornata. Perdere chi si ama è qualcosa di travolgente ma forse quello che non mancò mai a Isabella e che la aiutò a proseguire fu la forza del suo animo.
Decise così di seguire quella corrente di un certo Ignazio che andava in giro a predicare la carità.
"Quando vi sentite smarriti ricordate che c'è qualcuno ancor più smarrito di voi. Andate ad aiutare i bisognosi e l'animo si riempirà di gioia", diceva predicando nei paesi di campagna e in città.
E Isabella quelle parole le sentì un giorno mentre si trovava nella piazza principale del suo paese. Quel messaggio le rimase talmente impresso che una notte domandò alla luna: "Che succede se provo a seguire quell'insegnamento?".
Forse una semplice coincidenza, o per chi ci crede, un segno divino, sta di fatto che proprio in quell'istante sentì il rintocco del batacchio alla porta: "Aprite, per l'amor di dio. Aprite!".
Isabella corse all'ingresso della casa e vide sull'uscio una donna che aveva un fagotto in braccio.
"L'hanno lasciato alla mia porta. Dobbiamo far qualcosa.". Era una bimba, al mondo da poche ore.
"La prenderò io e me ne occuperò ", disse Isabella senza pensarci. Cominciò così un lungo percorso di crescita per Vanna, così la chiamò.
Oltre a prendersi cura di quella creatura, Isabella continuava a seguire le parole di quel predicatore che si faceva via via conoscere anche nei paesi vicini. E così un giorno decise di aggregarsi a quella carovana di carità che attorno ad Ignazio si era creata e dalla Spagna iniziò a far tappa in altre località francesi per poi arrivare anche in Italia.
Con la sua bimba che con il passare del tempo crebbe, Isabella arrivò a Vercelli. Quella cittadina fortificata era ferita dai conflitti tra gli spagnoli da un lato e i francesi dall'altro. In mezzo i contadini che erano sopraffatti. La fame e le ferite che lasciavano i conflitti erano tremendi. E proprio in quel contesto le bimbe erano le più svantaggiate. Rimanevano orfane e si smarrivano nelle voragini degli scontri. In quello scenario tremendo, e rivedendo la sua bimba abbandonata a sé stessa, iniziò la impresa di Isabella. Continuava a ripetere tra sè che sulle bimbe non potevano ricadere le colpe di quei tremendi momenti. Proprio loro dovevano essere tutelate e protette. E così si mobilitò per riuscire a costruire un luogo sicuro per le minori. Non fu impresa semplice: la donna era consapevole che quanto raccolto durante la sua predicazione non sarebbe stato sufficiente a coprire tutte le spese per la realizzazione di una casa d’accoglienza per ospitare queste innocenti. E non sarebbe bastato neppure l’appoggio e la benevolenza di alcuni tra i più influenti cittadini vercellesi. Serviva altro. Si adoperò quindi per ottenere il riconoscimento del vescovo Ferrero e del duca Carlo III. Vescovo e duca non fecero mancare il loro appoggio all’opera.
Mattone dopo mattone venne realizzato il Collegio delle Orfane minori. Isabella non si occupò solo della creazione della struttura ma anche della crescita delle bimbe. Insegnò loro le "arti domestiche", la "buona creanza" e il coraggio nell'affrontare le avversità della vita. Ben presto il Collegio diventò una grande famiglia presieduta dalla governatrice che insieme ad una maestra educava le giovani. Una volta cresciute, che decidessero di intraprendere il percorso monacale oppure di "andar al mondo", tutte venivano comunque messe nelle condizioni di ricevere una istruzione. Ed Isabella si battè finché ne ebbe la possibilità per garantire alle ragazzine di ricevere una formazione adeguata e costruifuturo loro futuro.
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Questa Briciola si ispira alla storia di Isabella Josa di Cardona e il collegio delle Orfane di Vercelli in età moderna. Isabella visse tra il 1491 e il 1564 e contribuì davvero alla formazione di una istituzione importante in particolare per le minori in condizioni difficili.
Per approfondire si può consultare Carità e istruzione a Vercelli: Isabella Josa di Cardona e il Collegio delle Orfane di Irene Gaddo e Daniela Piemontino in Vercellesi Illustri Educatori e Istituzioni formative, Vercelli Viva 2017. Da questo studio è stata tratta la fotografia utilizzata in apertura del racconto.
Ed anche:
G. De Gregory, Istoria della vercellese letteratura ed arti, parte seconda, Chirio e Mina, Torino 1820, p. 155.
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