Un vaso d'ortiche, semi di speranza e un cuore che ama
In un pomeriggio di settembre, mentre l'aria fresca scivola tra le foglie, il sole brilla in cielo. Non è più l'arsura di agosto, ormai inizia ad essere un calore più tenue come il colore di un pastello su un foglio bianco rispetto alla tempera su una tela. Su una collina, tra un rivolo d'acqua e un campo di grano, c'è una piccola casetta. Là, nell'aia, c'è Artemisia: capelli sale e pepe, lievemente incrinata in avanti, gli occhiali che fanno pressochè "cucù" al mento ma l'animo di una ragazza.
"E allora, che fai, così crucciato?", chiede ad un giovane che la sta aiutando a raccogliere i fichi dall'albero.
"Nulla, non sono crucciato", risponde Giovanni, vent'anni sulla carta e una grande maturità nel cuore.
Artemisia conosce bene il nipote. Tutte le volte che incrocia i suoi occhi color miele, ripensa a quando per la prima volta lo ha preso in braccio dopo il suo primo vagito, in ospedale. Allora era un fagottino color pesca, con il passare del tempo è divenuto un giovane saggio e sensibile.
"Orsu, raniciulin...", cerca di spronarlo la nonna.
Il giovane fa passare le dita tra le foglie di fico ma non proferisce parola.
"E allora, vieni qui vicino a me che ti devo raccontare una cosa", prosegue Artemisia.
Giovanni sorride a quella anziana sempre così forte e tenera allo stesso tempo, e si siede sulla panchina in pietra accanto alla fontana presente all'ingresso della abitazione. La donna inizia a raccontare pressochè così:
"In una magione incuneata tra i boschi, tanto tempo fa viveva Margot. Di giorno si prendeva cura delle mucche e delle capre, di sera filava creando manufatti davvero originali. Un giorno, dopo cena, sentì bussare alla porta. Si alzò dall'arcolaio e andò ad aprire. "Gentil signora - disse un uomo vestito di tutto punto - dicono nel circondario che lei sia capace di filare come mai nessuno sia riuscito".
Margot un po' spaesata, lo guardò e rispose: "Si certo, so filare, però che lo sappia fare in maniera perfetta, non saprei". Il giovanotto proseguì dicendole che il re desiderava farle confezionare una camicetta per il figlioletto che stava per nascere. Lei non stette a pensarci due volte e acconsentì. "Dovrà però usare questo", sottolineò l'uomo, porgendole un vaso particolarmente grande coperto da un fazzoletto blu come la notte. "Tra una settimana arriverò a prendere il manufatto. I miei omaggi". Proferite queste parole, il giovane se ne andò in sella al suo cavallo. Margot tolse il tessuto dal vaso e ciò che vide fu pazzesco. Ortiche. Un contenitore di ortiche, pronto per essere usato per confezionare un abito, per un bimbo che sarebbe nato di lì a poco.
"Ma come farò", disse ad alta voce. Provò a prendere tra le dita qualche foglia ma subito la pelle si colorò e un gran prurito la invase. Così, spaventata per quella missione che le era stata attribuita, decise di andare a letto. Nel corso della notte pensando e ripensando a quale soluzione adottare per filare le ortiche, le venne una idea.
Scese velocemente in cucina e andò al lavatoio. Prese la mattonella di sapone di marsiglia che ogni inverno era solita confezionare. La tagliò a scaglie depositandola in una bacinella. A questo punto tornò a casa. Rovesciò un po' di ortiche nella marsiglia e attese. Le ore della notte via via lasciarono il posto all'alba. E Margot troppo curiosa di vedere l'effetto del suo esperimento si mise subito all'opera. Partì da una foglia e via via ne fece fili, li arrotò all'arcolaio. Le mani non le pizzicavano più. Con un sorriso che nascondeva tutta la sua soddisfazione, proseguì nel trasformare il filo in camicetta. Passarono cinque giorni, e l'abitino commissionato fu pronto. Ma c'era ancora qualcosa da fare. Prese un foglio candido come la neve. E intinse in un ciottolino di acqua, limone e succo di mirtillo un pennino, che aveva creato lei levigando un legnetto.. E cominciò a scrivere. Una volta terminato, prese la camicetta e la mise nella lettera. Annodò tutto con della raffia e attese il funzionario del re. Il giorno fatidico arrivò. Il dono venne recapitato al futuro papà che insieme alla consorte aprì il pacchetto.
"A te, piccolo - lesse ad alta voce il re -, faccio dono di una camicetta fatta con le ortiche, ma non temere non pungeranno perchè il sapone le ha addolcite. In questo piccolo cartoccio trovi anche tre semi di speranza perchè se mai dovessi perderti, li potrai piantare e loro sapranno nuovamete indicarti una cosa importantissima: con pazienza e perseveranza potrai raggiungere ogni tuo obiettivo. A te, piccolo, auguro un cuore che ami; ami la vita come sorgente di felicità; ami il percorso che ti appresterai a seguire, senza mai indietreggiare; ami la sincerità e la chiarezza, motori delle cose belle, ami chi ti starà accanto perchè, anche se troverai tante persone vuote, laggiù tra il sole e il mare, la luna e la montagna, c'è anche chi riuscirà ad essere sulla tua onda o nel tuo vento. A te piccolo, auguro il firmamento. Margot, colei che ha filato".
I regnanti commossi ricompensarono Margot, che per tutta risposta non volle nulla in cambio del suo lavoro. Chiese solo che la sua lettera accompagnasse il piccino nel corso della sua vita. E..."
Si interrompe Artemisia.
"E...", incalza Giò.
"E pensa, mio caro, è passato tanto tanto tempo da quel giorno, ma soprattutto i regnanti furono talmente tanto colpiti che conservarono questa lettera e se la tramandarono di generazione in generazione. Ed ora io la dono a te, con questo fazzoletto di ortiche che ho confezionato come fece Margot. Quanto lei ha augurato al piccolo principe, io ora lo auguro a te".
Giò rimane senza parole guardando quel fazzoletto particolare e quella pagina ingiallita dal tempo. L'unica cosa che gli viene in mente di fare è abbracciare sua nonna, mentre una lacrima lieve scivola sul suo volto.
Le parole di questo racconto nascono su ispirazione di una persona meravigliosa che mi sta ricordando giorno dopo giorno come si coltivan i sogni, in che modo si addolciscono le ortiche e l'arte di amare.
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