Autunno, la leggenda dell'acero


L'autunno è come un pittore che con un pennello, lentamente, riesce a trasformare una tela bianca in un meraviglioso quadro. Le foglie degli alberi pian piano arrossiscono e abbandonano i rami per appoggiarsi ai piedi delle piante o sui selciati dei viali. I ricci dei castagni cadono per il troppo peso che portano con loro e si riversano nel sottobosco, e le castagne si schiudono. Ed è proprio da questa cornice che germoglia la leggenda dell'acero.

Tanto tempo fa, in un piccolo paese del Giappone, Tolò, conte di Molò, ricevette una visita inaspettata.
"Signore, c'è Garù, principe di Stantes, all'ingresso. Dice che ha bisogno di parlarle", sussurrò il guardarobiere, affacciandosi un po' alla porta.
L'uomo non alzò neppure la testa, e continuò imperterrito nei suoi affari. Nel frattempo, Garù, senza vergogna, non solo raggiunse quella sala immensa dell'antico palazzo, infrangendo le buone norme dell'aristocrazia giapponese, ma iniziò a versarsi in un bicchiere un liquore verde come l'alloro.  "Devo dire Tolò che vi siete messo bene - cominciò l'uomo-. Altro che dimora, direi che questa è una bella reggia, da gran signori. Siete ancora impegnato nella disposizione del mercato di quell'albero? Orsù, fate che vendermelo, che sarà mai, è solo un albero". Tolò allora alzò il capo; di quell'uomo osservò solamente la sagoma che si proiettava sull'unica facciata della sala sgombera di arazzi: "Non darò mai quell'albero; nemmeno se dovesse arrivare il giorno in cui l'ultima foglia del ramo più alto cadrà". 
Il principe di Stantes incassò il colpo e se ne tornò nella sua dimora. E fu così che i giorni passarono. Il vento scivolava nella chioma dell'acero mentre il fusto assorbiva i raggi calorosi del sole primaverile, e poi di quello estivo ed infine autunnale. Tolò era sempre più cupo: il mercato delle stoffe non stava andando come doveva. I pirati che riuscivano a intercedere sulla tratta dei commerci, erano ormai diventati un bel problema. E lui, pur cercando tante soluzioni, sentiva in sé il cuore lentamente spegnersi. 
Un pomeriggio di autunno, mentre era intento a guardare il focolare, affranto e disperato, sentì qualcosa di particolare, mai sentito sino ad allora. Proveniva dalla finestra. Si avvicinò e vide una ragazza seduta sotto il suo acero, intenta a maneggiare con uno strumento. Corse subito nel suo giardino, "Come si permette quella di occupare la mia terra, e sedersi per di più sotto il mio albero?", pensò. Si avvicinò a Kamura, occhi nocciola, sorriso felice.
"Come vi permettete, questo è il mio albero?", esordì Tolò. 
"Mi perdoni signore, non so dirle come, ma quando sono passata di qui con il mio shamisen, è come se le corde avessero iniziato a suonare da sole. E così mi sono seduta qualche istante e ho cominciato a suonare. Me ne vado via subito " rispose Kamura.
Tolò guardò quella musicista, e la sua espressione così quieta che le infondeva di rimando serenità. Fu in quel momento che decise di chiederle di prendere in mano lo shamisen.
La giovane chinò leggermente il capo, si sedette sotto le fronde dell'acero ed iniziò a pizzicare le corde. La melodia che ne emerse fu qualcosa di simile ad una magia che seppe sciogliere le tensioni via via calate nel cuore di Tolò. "La ringrazio per quanto mi ha donato, ne farò tesoro". 
Kamura sorrise. Ritirò lo strumento e il libricino che aveva ai piedi e tornò a casa. 

Dopo quel pomeriggio, vi furono altri momenti in cui Kamura venne invitata da Tolò a suonare sotto l'acero. E con il passar del tempo, oltre al conte di Molò, si avvicinarono molti altri ad udire la musica della giovane.  Si dice, ancora oggi, che se trovi un acero e ti fermi a contemplarlo sedendosi ai suoi piedi, puoi sentire l'armonia della giovane che infonde grande quiete in particolar modo quando il cuore è in tempesta. 
 
Foto tratta da Pixabay





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