Ines, la portalettere tra i fiori d'arancio
Ho 90 anni, i capelli sempre spettinati, il grembiule e una graziella. E' un mezzo piccolino, l'ho sempre usato per distribuire la posta di casa in casa, anche quando la regina Margherita è arrivata nel nostro piccolo paese. Ricordo che quando vidi sua Maestà, avevo solo 20 anni. Io avevo la uniforme, scura come il carbone. Lei era meravigliosa: una donna con una capigliatura perfetta, gli occhi pieni di gioia e un portamento leggero come una farfalla. E il sorriso: ah, quello sembrava lo scintillio del sole nell'acqua.
Ebbene, passò tra le casupole del nostro villaggio immerso in grandi distese di alberi di arancia che in questo periodo fioriscono diffondendo un profumo che è unico. Lei arrivava, scortata dalla sua carrozza e percorreva tutti i viottoli seguendo quella armonia di arancio. Donne, uomini e bambini si affacciavano dalle finestre per salutare la regina e lei ad ogni bimba donava una caramella. Ero intenta anche io a guardare quel meraviglioso corteo quando sentii la Giovanna urlare dall'altro lato della strada: "Ines, c'è posta per me?"
"Si' Giò, arrivo..."
"In fretta, è urgente".
Con la mia graziella cercai di farmi largo tra la folla, ma non fu per nulla semplice.
Prova ora ad immaginare che arrivi il tuo beniamino o la tua beniamina e non essere il solo o la sola ad adorarla. Aggiungi il fatto di trovarti in un posto particolarmente stretto e il gioco è fatto: capisci bene quale possa essere il risultato.
Scesi dunque dalla bicicletta e mi feci largo tra quella moltitudine. Raggiunsi la palazzina e salii all'ultimo piano, nel sottotetto. Appena Giovanna aprì la porta fui colta da un calore disumano che mi stese. La donna andò a prendere un catino e un bicchiere: "Bevi subito, che qui fa caldo e ti trovo per terra...".
La mimai e le porsi la lettera. Lei la aprì e me la rimise tra le mani. Distesi il foglio e cominciai:
"Giò, quindi leggo?"
"Si, come faccio se no?"
"Amata Giò - cominciai- sono salpato da porto Empedocle. Il capitano parla di arrivare a Napoli e poi proseguire su su fino a Genova. Ci vorrà ancora qualche mese mia cara. Ma ti assicuro che dall'istante in cui..."
"Giò, vado avanti?"
Lei mi esortò con un lieve cenno al braccio.
"Dall'istante in cui ci siamo salutati dalla stazione di Bedò e ti ho promesso che sarei tornato, ho continuato a coltivare il mio amore per te. Attendo il momento per riuscire a stringerti tra le mie braccia. I miei saluti più cari anche a Ines che sono sicuro ti starà aiutando con questa lettera. Post scriptum: apri la busta all'interno della lettera. Per sempre tuo. Piero".
Vedendo che le lacrime le rigarono immediatamente gli occhi, cercai quanto aveva inviato Piero e trovai in effetti una busta. La aprii: "Fiori d'arancio", disse immediatamente Giò. Glielo confermai e posai il dono tra le dita. "Sono cieca ma ancora sveglia", rispose la donna.
"Sei una persona davvero coraggiosa...", le feci notare.
"Che meraviglia. Ora quindi mi sposo?".
"Aspetta Giò", dissi scartando un altro biglietto. "Sei pronta, leggo?!"
"C'è da chiederlo?", rispose la donna.
"Giò - esordii -... Piero ti scrive chiedendoti se può chiedere la tua mano alla famiglia!".
Lei si alzò sulla sedia ed esultò. Ci abbracciamo e cominciammo insieme a mettere per iscritto la risposta che qualche settimana dopo sarebbe arrivata al futuro sposo. Il tutto mentre i collaboratori della regina stavano caricando bauli di fiori d'arancio per le future essenze da utilizzare nei grandi saloni della residenza reale.
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