Acqua e rinascita: la storia di Ara
Inizia con un semplice ticchettio. Il cielo si oscura. Qualche cane in lontananza guaisce, annunciando l'arrivo di qualcosa che di certo non porterà nulla di buono. E con il passare dei minuti, le gocce si fanno sempre più copiose. Scrosci d'acqua continuano imperturbabili e il letto del fiume non riesce ad accogliere tutto quel corso che diventa via via sempre più grande. I giorni passano e le precipitazioni non si fermano.
Maria è preoccupata. L'acqua nell'arco di poco ha iniziato a lambire il pascolo dove c'è il suo gregge.
"Che posso fare?" si domanda. Certo, questa non è la prima volta che si trova di fronte ad una alluvione, ma solitamente non era sola a gestire la situazione. C'era sempre suo papà ad aiutarla. In questi giorni però è impegnato in alpeggio e non poteva certo sdoppiarsi. "Sarai capace, vai, vai...", le disse ammonendola e indicando il prato vicino al fiume.

Maria guardò il fiume e il cane. Decise che era venuto il momento di aggrapparsi all'unica possibile ancora di salvezza: la roccia. Ma come fare con gli animali?
Li portò su quella altura. Il cane vide la padrona ed iniziò a indirizzare le pecore che affidandosi completamente alla loro guida cominciarono a spostarsi rapidamente.
Una volta che tutte le bestiole furono sulla collinetta, Maria tirò un sospiro di sollievo mentre il fiume si iniziò ad appropriare del prato e via via degli alberi che incontrava sulla sua strada.
Il maltempo passò via nella notte e pian piano anche Maria riuscì a scendere dalla altura e tornare verso la sua alpe.
Arrivata da suo padre, gli raccontò tutto ciò che era accaduto, la paura di quei giorni funesti, il coraggio del cane e il terrore che vide negli occhi delle mucche e delle pecore.
"Tutto si è concluso al meglio, Maria. Ora però è necessario ringraziare il Cielo con un voto", disse l'uomo dalla barba lunga e dalle mani nodose.
La giovane non sapeva bene come fare. Il padre però pensò che forse oltre alla figlia, era lui stesso che doveva occuparsi dell'impresa. In fondo, la ragazza si era salvata e questo non poteva che essere un miracolo. Il giorno successivo radunò i pastori vicini, spiegò cosa era accaduto a Maria e il proposito di creare un voto.
Gli uomini del piccolo paese acconsentirono, anche perchè l'alluvione avrebbe potuto creare molteplici danni anche a loro ma per fortuna, questa volta, almeno, i loro animali, le stalle e i loro taragni erano rimasti integri.
Venne così realizzata una chiesetta su quella roccia salvavita. E così pian piano, qualche tempo dopo, qualcuno iniziò a costruire una piccola casa vicino all'edificio religioso. Ma non fu il solo. Cammin facendo, anche altri pensarono di seguire le orme del primo. Con il passare del tempo si creò un piccolo centro rurale. Ma la paura della furia dell'acqua continuò a terrorizzare.
Nelle notti di inverno la pioggia cadde impetuosa e di nuovo l'incubo della esondazione. Fu così che gli abitanti presero una nuova decisione: spostarsi. Non c'era altro da fare.
E così, a malincuore, scelsero di stabilirsi su un'altura ancor più lontana dal fiume. "Riusciremo a stabilirci qui, non sarà facile ma non temete", continuava a ripetere il più autorevole della comunità, il signor Elia.
Così fecero. Nell'arco di qualche anno nacque un piccolo borgo che era abbracciato dalle montagne e affacciato, ma solo dall'alto, verso il fiume.
Emilia, pronipote di Maria, dopo aver conosciuto la storia del piccolo paese, prese carta e penna pensando a ciò che la bisnonna affrontò:
"Conosco la tua voce, acqua. Hai terrorizzato tante persone e ancora oggi quando ti sento nella notte e di giorno ho paura. Ci sono stati giorni duri in cui mi sono sentita una pellegrina smarrita e insieme a me tanti altri. Abbiamo arrancato per allontanarci da te con tante domande che si susseguivano. Non ci siamo arresi anche se eravamo preoccupati di finire in un pozzo profondo. Siamo riusciti comunque a ripartire. Tutto ha preso la forma di una storia d'amore: le persone hanno ricominciato ad amare la loro terra e proseguiremo sempre così".
La piccola roccia da cui tutto partì rimane ancora oggi vicino al fiume in ricordo di quella pastorella che ebbe il coraggio di salvare gli animali dalla furia dell'acqua. E il piccolo borgo continuò a scrivere la sua storia.
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Questa briciola è ispirata alle vicende legate alla nascita di Ara e ad un masso ancora esistente vicino al fiume Sesia.
Questo racconto parte dalle vicende che lo storico Ruggero Sala sta indagando e sui primi risultati che lui stesso ha raccolto traendo spunto da documenti che erano stati raccolti da don Florindo Piolo, ed a ritroso da don Piana.
Frutto della fantasia di chi scrive sono i personaggi.
La leggenda sulla pastorella e sul masso si tramanda da tempo in paese.
Sala mette in luce che "In un manoscritto, che trascrisse don Florindo Piolo di Serravalle, don Piana spiega che dove c’è il grande sasso esisteva una chiesa dedicata a San Nicolao. Aggiunge anche di esser stato insieme a don Nicolao Sottile (che risiedeva ad Ara) e di aver trovato tracce di antico sedime rappresentato con campanile, parte chiesa, e addirittura una campana". La piena del fiume si tramanda sia stata nel medioevo. "L'’esondazione dovrebbe essere avvenuta tra il 1290 e il 1310. Le tradizioni hanno quel briciolo di immaginazione ma conservano verità. Lo stesso poeta Pinet Turlo ne parla in una poesia del 1939. Quindi se si continua a tramandare di questo porfido e della pastorella, sarebbe bello che con il tempo si conservasse memoria".
Per aver maggiori informazioni in merito si può consultare l'articolo pubblicato su
La foto di copertina è tratta da
(Pixabay)Le immagini all'interno del testo sono di Ruggero Sala.
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