L'incredibile salto nel vuoto della villa
Il silenzio avvolgeva la conca della valle. Non si udiva alcun suono. Tutto taceva, e il tempo sembrava rallentare. Si sentiva solo lo scricchiolio della terra sotto le suole degli scarponi mentre una squadra di uomini avanzava verso la terrazza naturale al di là del lago alpino.
"Crede che potremmo fermarci qui?", chiese l'uomo dai grandi baffi e gli occhialetti piccoli che si affacciavano sul naso prominente.
"Penso che sia un ottimo spazio. Si ricordi: dovrà essere tutto perfetto - evidenziò l'altro ancora con il fiatone -. Dovrà esserci la più bella residenza qui, e sarà dotata di ogni comodità per i signori. Si dovranno dimenticare di essere nella grande città".
Dopo quel primo incontro, i lavori partirono nell'arco di qualche mese. Attesero infatti che la neve si fosse sciolta per riuscire a trasportare i blocchi. Con lunghe funi e gli asini trascinarono da valle il materiale. Mastri artigiani sceglievano il legno con cui realizzare i pavimenti. Simur, uno dei più grandi decoratori del momento, era intento a realizzare i ritocchi sulle colonne di marmo. E nell'arco delle settimane arrivarono anche i vetrai per installare i serramenti. "A protezione della neve", diceva l'uno. "Per tener fresco d'estate", chiosava l'altro.
E via così, sino a che gli interventi si conclusero e la villa divenne un piccolo scrigno incuneato nelle rocce. Non si poteva infatti dire che ci fosse qualcosa fuori posto. Un terrapieno rendeva solide le fondamenta e metteva a disposizione un belvedere per la famiglia che si immaginava trascorresse le proprie vacanze in quella dimora. Assecondando la passione del Conte, vennero creati poi dei terrazzamenti per coltivare piante alpine. Ed ovviamente era stato realizzato un impianto di riscaldamento per ogni stanza per garantire ad ogni ospite una atmosfera adeguata.
Quando arrivò il giorno della presentazione ufficiale, tutti erano pressochè elettrizzati. La famiglia proprietaria dell'immobile salì sulle alture. Il gran signore entusiasta della gita fuori porta, ma soprattutto di vedere quale era stato il risultato del suo investimento e soprattutto del buon gusto che il suo architetto di fiducia aveva concretizzato. La moglie, Margherita, era intenta a badare ai suoi pargoli che non vedevano l'ora di vedere il loro futuro tra le montagne.
"Signori, ecco la vostra villa", disse l'architetto.
Fecero un tour tra le stanze ammirando i dettagli, dalle finiture sino al piccolo pergolato che si ergeva al di là del ballatoio. Un tavolo con dolcetti a forma di stella alpina e calici di vino attendevano i nuovi arrivati. "Meraviglia", disse il Conte, mentre la moglie e i figli non sapevano dove guardare da quanto erano colpiti.
Il tempo trascorse e con lui le stagioni della infanzia e della vecchiaia. Quella dimora visse tante esperienze. Divenne il luogo in cui i sogni d'amore si concretizzarono, fu cornice di un matrimonio e della nascita di eredi. Quella residenza però vide anche tanto dolore. Durante il conflitto bellico, milizie avverse si cercarono di contendere il terreno; la struttura venne messa a ferro e fuoco. Il tetto fu incendiato e via via i pavimenti vennero inghiottiti dalle fiamme. Le vetrare riccamente decorate si sbriciolarono e le colonne che caratterizzavano il ballatoio crollarono. Corpi esanimi rimasero ai piedi della residenza e le tracce di sangue furono coperte ben presto da una coltre di neve che cercò di lenire le ferite dell'edificio.
Gli anni passarono. I proprietari si dimenticarono della dimora. La natura si rimpossessò di ciò che le era stato privato. Ed ora se ti incammini per quel sentiero su per la cima, troverai solamente una terra ferita e tanto silenzio.
Questo racconto si ispira alla storia vera di villa Aprilia, al lago Baranca, sopra Fobello. Le foto ritraggono infatti la struttura storica.
Immagini tratte dal web
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