Silenzi e vita in uno stagno

Pomeriggio di maggio. Nella campagna il silenzio interrotto solo da qualche uccellino che fa risuonare il suo canto indisturbato. L'aria è tiepida. In lontananza le montagne con i prati verdi di vita, accanto ad un salice un piccolo specchio d'acqua che brilla al sole. Seduta sotto i rami del grande albero c'è una ragazza con la mente avvolta nei pensieri. Osserva lo stagno: non è lago, e nemmeno mare; è solamente una lacrima rispetto ad un'immensa distesa blu. Eppure risplende a valle. E riesce a brillare anche se intorno ha solo qualche arbusto che cresce indisturbato. 
In quella pace Caterina decide di aprire la busta che ha trovato sotto lo stipite della porta. Prende un respiro misto a coraggio e apre. 

"Mia amata,
ti ho lasciato un pezzo di cuore dopo aver visto il tuo volto rigato dalle lacrime e il silenzio che ti circondava le labbra. Tornerò, e costruiremo ponti tra i pensieri, isole sulle montagne, troveremo sorrisi tra i biscotti. Non vedrò l'ora di vedere i tuoi occhi che sorridono anche quando nel cuore hai la tempesta. So che sei una forza indomabile e non ti arrenderai. E ogni sera sino a che non ci ritroveremo, apri la finestra della cucina e guarda la stella più luminosa. In quell'istante la starò guardando anche io. Sei meraviglia Caterina.
 Giò".

Caterina aveva gli occhi lucidi come una lastra di ghiaccio. Le dita che ripassavano le linee incise sul foglio che componevano le parole. E il cuore che volava verso Giò, che stava per prendere servizio in un ospedale militare. In una terra dove la libertà non era vita, ed anche il Cielo era squarciato.

Quadro di Sara Salvoldi

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