Linea diretta con...

Oltre alle cartoline letterarie e alle storie, Briciole ha pensato di puntare su qualcosa di diverso: provare ad intervistare personaggi più o meno conosciuti. Ovviamente, trattandosi di figure lontane nel tempo, saranno dialoghi immaginari.
Per la questa intervista fantasiosa, cerchiamo di metterci in contatto con Tucidide, uno dei primissimi storici dell'antica Grecia, vissuto nel V secolo a.C, che scrisse "La guerra del Peloponneso", opera che descrive lo scontro tra Sparta e Atene tra il 431 e il 404 a.C. 

Nel secondo libro, Tucidide parla della peste che sopraggiunse e decimò la popolazione ateniese nel V secolo a.C. Poco prima di descrivere in maniera dettagliata la situazione che stava affrontando la cittadina greca lo storico greco sottolinea in merito all'epidemia: 

«Per parte mia, esporrò gli aspetti in cui si manifestava, enumerandone i segni caratteristici, il cui studio riuscirà utile, nel caso che il flagello infierisca in futuro, a riconoscerlo in qualche modo, confrontando i sintomi precedentemente appurati. La mia relazione si fonda su personali esperienze: ho sofferto la malattia e ne ho osservato in altri il decorso».
In maniera immaginaria, Briciole attraverso una videochiamata chiederà a Tucidide come vede la situazione attuale, per certi versi simle a quella vissuta dallo storico stesso. 
                                                                          
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Una figura d'uomo inizia a mostrarsi oltre lo schermo. Sta ammirando il paesaggio fuori dalla finestra. La stanza è colma di libri, ovviamente quelli odierni sono diversi dal materiale che utilizzava ai suoi tempi. Il dialogo comincia con un saluto di circostanza, ma nell'arco di poco si arriva al punto.

B: Come vede la situazione attuale, visto che non è la prima volta che deve fare i conti con una pandemia?

(prima di rispondere si volta di nuovo verso la finestra a guardare il cielo e qualche collina accarezzata dai raggi del sole): Ai miei tempi, come oggi, in tutto quel dolore dilagante la cosa più terrificante era la demoralizzazione. Seguiva la paura e il rimaner inermi all'attacco di quei morbi. E mi sembra di poter dire che la situazione sia simile a quella di oggi. C'è però una differenza, sa. Ad Atene, quando vissi l'epidemia, il desiderio di scambiarsi cure ed aiuti aveva portato ad intensificare i rapporti e quindi il contagio si allargò a macchia d'olio. Oggi, si è lontani gli uni dagli altri ma il senso di impotenza continua a crescere...

B: Tra l'altro anche Lei è stato vittima del contagio...
T: Purtroppo, come altri, soffrii per quella malattia e vidi tanti miei concittadini lottare. Tutto partiva con vampe al capo, arrossamento degli occhi. Il respiro poi si faceva irregolare ed era seguito da violenti attacchi di tosse. Seguivano nel maggiore dei casi: spasimi tremendi e altri sintomi che non descrivo.  Se volete saperne, andate a leggere il secondo libro della mia opera e sarete informati al meglio. Comunque una atrocità. 

B: Lei accennava prima alla paura presente ai suoi tempi, che è simile a quella che si sente oggi...
T: "La paura è insita nell'anima, ma sono sicuro che come è accaduto in passato, si tornerà a vedere rinascere le spighe nei campi e mi lasci essere un poco sentimentale, anche se non è proprio da me, ma sa, il tempo a volte modella i caratteri...

B: Prego, mi dica.
T: Non ci saranno più amori sotto chiave, la vita ricomincerà a suonare nelle strade, nelle piazze e non ci si limiterà più a stare in stanze strette. Ne sono convinto...Ora mi deve scusare, devo tornare sulle mie carte...

B: La ringrazio per la sua testimonianza e per il suo incoraggiamento. Arrivederci!
T: Χαῖρε, ὦ φίλη...(= ciao, amica)


Il dialogo si basa su elementi tratti dal secondo libro dell'opera di Tucidide in particolar modo per i capitoli 48-53. La prima foto è di Daniel Friesenecker da Pixabay, la seconda è tratta da Wikipedia alla voce Tucidide.


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