Un ricordo ritrovato


Andare in soffitta è come indossare una tuta da sub, immergersi nel mare e scovare tesori nascosti. E oggi Giulia, ha deciso di solcare le onde dei ricordi. Tra mille chincaglierie di un tempo ormai passato, qualche ceramica dei bisnonni, e molteplici scatoloni con ricordi stipati, trova qualcosa di particolare: una cartolina ingiallita. Non c'è una fotografia di una località, come è abituata a vedere di solito, ma un disegno che ritrae un angolo di un paesino immerso nella campagna, che conosce bene. E' curiosa di sapere chi sia il mittente. Volta la testimonianza del passato e inizia a leggere.
"Mio carissimo, a Voi la buona Pasqua che sia prospera di salute e di vita serena. Tra noi, chi aveva la penna facile eri tu, caro Luigi, quindi spetta a te mantenere la corrispondenza. Non so più nulla di Voi. Saranno gli anni, sarà la botta morale di questo ultimo periodo: sono logora e vorrei rimanere immobile sempre. A me piace la quiete cittadina di provincia dove l'eco di grandi ed emozionanti eventi arriva come attenuato e lontano, d'altra parte questa separazione da te mi angoscia. Abbiamo penato un inverno relativamente quieto colle bimbe che hanno bisogno di tante cure per i nervi e la testa. Caro Luigi, deciditi a scrivermi, parlami di te. 
Arrivederci mio amato, Vi voglio tanto bene, e Vi ricordo con inalterato affetto. 
Marisa. 19 aprile 1919".
Un sorriso lieve inizia a fiorire sul volto di Giulia. "Dovrà esserci anche una risposta", si ripete nella mente. Scartabella nello scatolone in cui aveva trovato la cartolina. Tra qualche straccio di lenzuola logore, trova una lettera indirizzata a Marisa. Guarda il mittente: Luigi, segue l'indirizzo. Apre piano la busta ed estrae il foglietto ingiallito, come la cartolina.
"Amata e tanto sognata Marisa, il mio rammarico è di non essere ancora potuto tornare da Voi e dalle bimbe. Qui si lavora giorno e notte, i malati sono tanti e le emozioni si strozzano in gola a vedere talune immagini. Non crediate che non Vi pensi; siete la luce che continua a illuminare il mio cuore, soprattutto nei momenti più bui. Cercate sempre di stare in buona salute, e continuate a scrivermi, non appena potrò, sarò ben felice di darVi mie notizie. Sono migliaia i malati e noi siamo pochi, dormo davvero poche ore e in quei brevi sogni, penso a Voi, e alla nostra casa, al profumo delle torte che mi preparate e al Vostro sorriso che sa illuminare anche i cieli più cupi. Non so quando potrò riabbracciarVi, a Dio piacendo, dovrei tornare tra giugno e luglio. Spero di poter ritrovarVi al più presto. Siate sempre forte come una spiga di grano. Vi ricordo con infinito bene. Vostro Luigi. 
23 aprile 1919".
Giulia si accorge di avere il volto rigato dalle lacrime. Quella storia l'ha riempita di emozioni. Prosegue a mettere ordine nella soffitta e mentre sposta una bici d'epoca, trova un altro scatolone pieno zeppo di pezzi di giornale: "Spagnola sconfitta? Si fermano i malati", questo il titolo di un articolo. E ancora: "Siamo sicuri che finirà? La parola del dottor Luigi Einoldi". Luigi. Dottore. "Ma non sarà mica quel Luigi? Quello della lettera?", si chiede Giulia. Continua a passare tra le dita quelle testimonianze di un tempo ormai passato e trova una foto. Una coppia. In posa. Lui con i baffi, occhialini ovali, alto, che guarda lei, vestita di tutto punto e lo sguardo pacifico. 
Volta l'immagine in bianco e nero. Gennaio 1921. Luigi e Marisa Einoldi. Anniversario matrimonio. Semper contenti. 
E sotto una impronta. Quella di una bambina e il nome della piccina: Adele, la nonna di Giulia, che da qualche anno splende tra le stelle. La giovane si commuove, raccoglie quelle testimonianze, le ripone in un album speciale che pone sul suo comodino e si ripete: "Ce la faremo".

Questa storia nasce dopo aver preso in considerazione alcune testimonianze epistolari dei primi del Novecento. Nomi e fatti sono puramente inventati. La foto è di Zoltan Matuska da Pixabay.

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